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martedì 30 dicembre 2014

Intervista a Michele Masotti



Amico lettore, è con molto piacere che ti apro le porte di questo nuovo spazio virtuale. Benvenuto nell’angolo delle chiacchiere letterarie! Se potessi, ti offrirei una tazza di tè o una cioccolata fumante con panna, da sorseggiare con piacere e con parsimonia; qualunque cosa ti permetta di gustare al meglio quanto io e lo scrittore di turno ci racconteremo. Perché tu sarai il nostro osservatore muto, silenzioso ma dall’occhio vigile.
L’autore che sto per presentarti si chiama Michele Masotti. Se hai letto la mia precedente recensione, sai già di chi parlo: di un giovane scrittore senese con all’attivo due validissimi romanzi, La Follia del Palio e Sotto le mura diSiena, entrambi pubblicati da Leone Editore
Masotti è un autore particolarmente interessante, che spicca nell’attuale panorama letterario; uno scrittore dalla penna arguta, poetica, capace di coinvolgere e di emozionare. Una voce fortemente legata alla sua terra, alla sua Toscana, alla sua Siena e che, con ogni probabilità, merita di oltrepassare i confini delle propria regione. E’ un piacere per me poterlo intervistare e spero sia un piacere per voi leggere quanto verrà fuori da questa nostra chiacchierata. Per me lo sarà di sicuro. Buona lettura, amico!

Ciao Michele, prima di ogni cosa permettimi di ringraziarti a nome di tutto lo staff , sia per dedicarci parte del tuo tempo sia per aver accettato di condividere una chiacchierata letteraria sul nostro blog.


-         Allora Michele, cosa puoi dire di te ai nostri lettori? Chi è Michele uomo prima ancora del Michele scrittore? Ma soprattutto, come è nato il tuo rapporto con la lettura prima, e con la scrittura poi?  

Innanzitutto grazie a te Danilo e al blog per lo spazio dedicatomi. Il “Michele uomo” è facilmente riassumibile: trentaquattrenne, senese, una vita tutto sommato tranquilla in questa piccola e controversa città, una compagna, Giulia, e una bimba di cinque mesi, Agata. Un impiego non proprio entusiasmante in un’azienda di servizi informatico-bancari affiancato però dall’attività di romanziere: più che un lavoro una passione, anzi la mia vera espressione, non solo artistica.
Riguardo al rapporto con la lettura, posso dire che è sempre stato buono, con periodi “onnivori” alternati anche a lunghe pause prive di libri; mentre per quanto concerne il mio scrivere, benché abbia sempre “scarabocchiato” qualcosa sin dalla tarda adolescenza, la decisione di tentare il racconto di una storia arriva verso i venticinque anni. Storia che però non ho pubblicato poiché il primo romanzo vero e proprio risale ai miei trentatré anni: La follia del Palio, edito nel 2013.

-         Qual è il libro al quale ti senti maggiormente legato e perché? Nella stesura e nell’ideazione dei tuoi romanzi ti ispiri a dei modelli di riferimento? Insomma, in quello che scrivi quanto c’è di ciò che hai letto?

Il libro che mi ha dato la spinta per tentare un prima opera è stato il romanzo incompiuto del mio grande concittadino Federigo Tozzi: Adele. Tozzi aveva scritto le bozze di questo libro all’inizio degli anni ’10 del ‘900 e così, senza pretesa di comparazione letteraria, mi venne l’idea di “concluderlo” simbolicamente cento anni dopo. La protagonista de La Follia del Palio si chiama proprio Adele in onore del grande romanziere. Ed egli è di certo uno dei modelli di riferimento, specie nelle sue “architetture psicologiche”, spesso magistralmente celate in quello che erroneamente si ritiene verismo.

-         La follia del Palio e Sotto le mura di Siena sono i primi romanzi che hai pubblicato. Entrambe le storie sono ambientate a Siena, la tua città. Ecco, io penso che proprio Siena sia il grande personaggio aggiunto alle vicende che racconti, probabilmente nel primo libro ancor più che nel secondo. Quanto conta l’ambientazione nel momento in cui cominci a dar forma al romanzo? Pensi che se avessi ambientato altrove le tue vicende, le tue storie sarebbero state le stesse?

Sono molto felice di questa domanda perché speravo che in questi romanzi la mia città trasparisse proprio come una sorta di personaggio. Siena con la sua bellezza secolare e con le sue contraddizioni vuole essere una sorta di metafora proprio dell’uomo comune, teso tra la voglia di evasione da luoghi (non solo fisici) ritenuti a volte circoscritti e il bisogno invece di certezze, di essere cullato tra grandi mura materne. Siena insomma tra sprazzi regionalisti e aspirazioni universali. Difatti credo che l’ambiente influisca molto sulle persone, e le mie storie, benché ambientabili anche altrove, forse non sarebbero state le stesse. Anche nei libri che leggo sono molto attento all’ambientazione, alla cornice, che poi è cornice solo apparente poiché, se scandagliata a fondo, va sempre a inficiare nell’interiorità dei personaggi; che sia la metropoli o il paesino della provincia più sperduta.

-         Ne La follia del Palio descrivi benissimo cosa significhi per un senese questa corsa di cavalli; spieghi le emozioni che si provano prima, durante e dopo la “carriera; illustri rivalità ed alleanze tra le varie contrade". Tu come vivi generalmente questo attesissimo evento?

Come la maggior parte dei senesi: in modo viscerale. Essendo molto più di una corsa di cavalli, anzi una sorta di seconda pelle, era quasi obbligo inserire il Palio nelle vicende narrate nel primo romanzo. Ho cercato di raccontarlo con cenni impressionistici che possano renderlo digeribile anche ai “non addetti ai lavori”. Anzi, il Palio, scatola estrema di passioni, può essere letto come uno specchio stesso dell’esistenza, dove convivono tradimenti, intrighi, amori, vittorie e sconfitte, il tutto coronato dal primigenio e spasmodico rapporto dell’uomo e dell’animale. E poi la contrada che accompagna la nostra vita fino all’ultimo istante non può dunque essere esclusa dalla narrazione della realtà sociale. Anche questa dimensione così peculiare ritengo possa essere condivisa da tutti. Di più, nell’ottica di quello che gli antropologi hanno definito “il demone dell’appartenenza”, il racconto del Palio è solo un tentativo di riflessione sul filo invisibile che lega ognuno alla propria terra. Un qualcosa su cui ragionare in un’epoca che, senza usare troppa retorica, è evidentemente disgregante e anonima.

-         In entrambi i tuoi romanzi ho notato che hai inserito dei riferimenti all’arte. Ne La follia del Palio Carlotta, rinchiusa in un ospedale psichiatrico, si dedica all’arte figurativa ottenendo peraltro riscontri piuttosto positivi; in Sotto le mura di Siena invece il padre di Niccolò è uno stimato musicista e sempre la musica fungerà da collante nella storia tormentata tra Kosta e Morike. Questo “topos”, oserei dire, ha uno scopo narrativo ben preciso?

Sì, l’arte ha uno scopo preciso: l’intento è mostrarla come una sorta di cura per l’anima e come interconnessione tra le persone. Oppure l’arte non come esposizione, ma come rifugio personale dai vari drammi della Storia. Infine come bisogno di espressione. C’è molto di autobiografico in quest’ultimo significato, ma sicuramente questa dimensione del bisogno appartiene a tutti coloro che si relazionano con un’opera, anche i semplici fruitori. Anzi spesso chi legge un libro, come chi ammira un quadro o chi ascolta una melodia, trova nell’espressione artistica significati sfuggiti persino all’autore. Ecco, quei significati fanno sì che l’opera divenga sua fino in fondo, fanno sì che anche il fruitore vi partecipi e contribuisca alla costruzione dei suoi molteplici significati.

-         Come e quando nascono le tue storie? Generalmente a me non piace leggere in chiave autobiografica ciò che un autore scrive: credo sia molto più interessante inserire la nostra testa anziché quella dello scrittore in ciò che questi descrive e tratteggia ma, mettendo un attimo da parte questa mia attitudine, c’è qualcosa di autoreferenziale in ciò che scrivi? In quale personaggio ti rispecchi maggiormente, tra quelli usciti dalla tua penna?

I personaggi dei miei racconti nascono in modo ibrido. Credo che nella letteratura accada un qualcosa di magico, quando storie e figure completamente inventate si innestano a personaggi veri, conoscenti, parenti, amanti o amici ai quali “rubo” alcune caratteristiche. Il resto è finzione. Questa ibridazione che avviene in letteratura è un meccanismo a mio avviso simile a quello che accade nei sogni, dove la vita vera si mescola alla visione.
Il personaggio più autobiografico è sicuramente Guido Resti, de La Follia del Palio. Però non credo mi rispecchi fino in fondo, anzi lo spero  poiché non è un personaggio del tutto positivo. A dire il vero nessun personaggio descritto è del tutto positivo, ma è normale sia così poiché ognuno ha le proprie ombre.

-         La valigia è l’oggetto chiave del tuo ultimo romanzo. Penso abbia un valore simbolico ben preciso: potresti spiegarlo?

Gli oggetti hanno un grande valore simbolico in “Sotto le Mura di Siena”, poiché ho inteso il loro mondo come staccato e parallelo a quello degli uomini. Gli oggetti assorbono le nostre storie, le nostre emozioni, come avviene quando riaffiorano alcuni odori. E così siamo catapultati nel vivido ricordo conservato nell’oggetto stesso, nelle vicende appannate dal tempo e che di colpo si disvelano. Così avviene per la valigia: qualcosa di inanimato che in realtà possiede una sorta di vita propria.

-         Secondo una corrente di pensiero, quando un libro lo si legge per la seconda volta diventa letteratura. Tu sei uno di quelli che legge più volte uno stesso romanzo, fino quasi ad impararlo a memoria?

No, a dire il vero leggo un libro una sola volta. Mi è capitato solo coi miei due romanzi preferiti: Anna Karenina di Tolstoj e Madame Bovary di Flaubert. Li ho letti tre volte ciascuno, ma è abbastanza facile innamorarsi di questi due irraggiungibili mostri sacri.

-         Non ti chiedo nulla su un tuo possibile terzo libro, un po’ per scaramanzia, un po’ perché magari non potrai sbottonarti troppo, ma quali consigli daresti ad un giovane, come te peraltro, che sogna di diventare scrittore?

Non ho problemi a parlare del terzo libro, che è in cantiere e vorrebbe essere a conclusione di questa sorta di “trilogia senese”. Di consigli non ne ho molti; se uno ha una storia valida la invii alle case editrici, a tutte, dalle blasonate alle minori. Essendo lo scrivere un qualcosa di personale, almeno così io lo intendo, personalmente ho avuto per anni come una sorta di timore nel venire allo scoperto. Ecco, consiglio alle persone remissive come lo ero io di provarci. Forse è brutale dirlo ma è meglio che un romanzo non venga alla luce poiché rifiutato, piuttosto di relegarlo a una vita passiva e nascosta in un cassetto.

-         Concludo questa nostra chiacchierata letteraria, facendo un breve riferimento alla recensione che ho scritto su di te. Hai potuto leggere che spesso mi capita di accostare una canzone ad un romanzo, e sai che nel tuo caso metterei in sottofondo Il negozio di antiquariato di Niccolò Fabi. Tu quale pensi sia il pezzo migliore che possa adattarsi alle tue storie e alle loro atmosfere?

Innanzitutto grazie per l’accostamento al pezzo di Niccolò Fabi, veramente molto bello.
C’è in effetti un brano specifico che mi ha ispirato proprio nella stesura di Sotto le mura di Siena: “Le cose che pensano”, del grande Lucio Battisti e del suo ultimo periodo con l’ermetico paroliere Pasquale Panella. Una canzone colma di genio e che recita: “son le cose che pensano ed hanno di te sentimento, esse t’amano e non io. Come assente rimpiangono te, certe cose prolungano te”. Sono state queste emblematiche frasi che mi hanno fatto pensare agli oggetti come “cose pensanti”, connessi al nostro mondo e portatori di loro storie esclusive.

Michele io ti ringrazio nuovamente per aver avuto la pazienza di rispondere a queste mie curiosità. Il nostro blog è sempre a tua disposizione. Speriamo di risentirti presto e, nel nostro piccolo, speriamo di portarti un po’ di fortuna. Alla prossima!


Grazie a te Danilo e agli amici del blog per questa piacevolissima chiacchierata. Mi ha fatto molto piacere. Spero di risentirci presto e grazie di nuovo. 

A cura di Danilo

martedì 16 dicembre 2014

"Sotto le mura di Siena" di Michele Masotti


"Ci sono anime seta e anime juta; le anime seta, inconsistenti leggere e volubili come le nuvole, sognano gli stessi sogni delle stelle. Le anime juta invece sono ancorate alla terra, concrete come la terra stessa. Quando si incontrano è difficile tenerle assieme, ma se riescono a trovare il modo allora l'unione è perfetta."


Probabilmente non inizio in modo canonico la mia avventura su questo blog,  non perché stia ammiccando direttamente ad un lettore immaginario, intraprendendo in realtà un dialogo con me stesso. Non perché stia mettendo nero su bianco un soliloquio a cui sto dando voce nel buio della mia stanza, insomma. Non inizio in modo canonico questo mio articolo perché sto cincischiando in cerca di parole. O più semplicemente perché vorrei che prima di leggere quanto sto per scrivere, portassi alla memoria uno dei brani più famosi di Niccolò Fabi: Il negozio di antiquariato.
Credo fortemente che ad ogni libro, ad ogni autore, sia facile accostare un brano che pensiamo li rappresenti. Questo è quanto meno ciò che capita quasi costantemente a me nella mia esperienza di lettore. Non so se conosci il pezzo che ti ho appena citato, ad ogni modo racconta del coraggio di avventurarsi negli anfratti più reconditi dell’esistenza perché è proprio lì che generalmente si nascondono le cose più preziose. Parla della capacità di meravigliarsi di fronte a quanto diamo per scontato; di quell’essenziale, invisibile agli occhi, ma necessario all’uomo affinché possa maturare e crescere; dell’indispensabilità e della fortuna di perdersi perché queste sono spesso la chiave per ritrovarsi, per andare oltre. Questo brano, a mio avviso splendido, può calzare a pennello su tanti romanzi ma, se dovessi citare un solo titolo, un solo scrittore, io non esiterei a dire, in questo caso a scrivere, Sotto le mura di Siena di Michele Masotti. A pensarci bene è stato un caso fortuito il mio approccio a questo autore. E’ stato accidentalmente che mi sono imbattuto nel suo primo romanzo, La follia del Palio, che ho amato in modo viscerale per le sue atmosfere tipicamente senesi, per la passione di quella che non è solo una semplice corsa di cavalli, ma che è vita di tutti i giorni, perché non serve avere un nome altisonante per avere qualcosa da dire, né per essere meritevole di essere letto. Questo, appunto, perché le migliori scoperte sono quelle a cui si arriva non solo per caso, ma da cui non ci si aspetta e non si pretende nulla. Perché un libro deve essere preso per quello che è, senza sovraccaricarlo di troppe responsabilità. E’ unicamente questo, credo, il modo affinché una storia raccontata possa vivere in noi e con essa anche colui che l’ha scritta.
Se non sei di Siena e non conosci bene la città, la suddivisione in contrade, la mentalità costantemente contaminata dall’amore e dall’ossessione del Palio, non so quanto riusciresti ad apprezzare il testo sopra citato. E’ per questo che ho pensato che l’approccio migliore con questo gradevolissimo autore sia in realtà con il suo secondo romanzo, Sotto le mura di Siena, pubblicato da Leone Editore nel 2014, ad un costo di copertina di 12 euro. Si tratta di un libro bellissimo, con una trama semplice ma affascinate; una storia che racchiude in sé più storie tra loro intrecciate, legate da un destino che ha le sembianze di una vecchia valigia, che tanto mi ricorda i pezzi di antiquariato cantati per l’appunto da Fabi. Un destino che ad alcuni toglie e ad altri dà. Coincidenze che a taluni personaggi permettono di incontrarsi, di conoscersi e di innamorarsi, mentre talaltri li dividono inesorabilmente causando fratture portate avanti negli anni, a cui con il passare del tempo si guarda con occhi carichi di rimpianto, di chi ha vissuto diversamente da come in realtà avrebbe voluto. Di chi non ha vissuto affatto ciò che invece ha continuato a far vivere silenziosamente in sé. È una storia diversa questa, sospesa tra Siena e Salonicco, e che abbraccia un lasso di tempo più vasto rispetto al precedente romanzo.
Una storia di famiglie, di destini legati tra loro da una semplice e apparentemente insignificante valigia, ma che invece rappresenta quel fil rouge che lega tra loro uomini al di là di ogni generazione. Bianca, Lucio, Niccolò, Annalisa, Kostantin, Morike, sono solo alcuni dei personaggi che popolano le pagine di questo romanzo. Personaggi che è facile incontrare in città, a Piazza del Campo, nella contrada dell’Onda o in quella della Giraffa, nell’ambiente caldo e profumato della pasticceria Il Capriccio o nelle mura di una scuola in piena occupazione. E’ la storia di due amanti ormai quasi anziani, separati per più di trent’anni a causa di un destino beffardo; di un amore di cui ormai non rimane che un lontano ricordo, risvegliato dalle note e dagli accordi di un brano dal titolo Anime seta. E’ la storia di sentimenti che nascono e che si concretizzano; di vite che scorrono sotto il cielo di una città spesso avvertita come stretta, ma alla quale ci si sente legati in modo indissolubile. E’
la storia di genitori e figli, di nonni e nipoti, di amiche del cuore che non sempre sono destinate a rimanere tali. E’ suggestivo il modo in cui Masotti inventa le storie di coloro che danno anima al suo libro. La sua capacità di raccontare storie intime e familiari fa sì che tu, lettore, rimanga inchiodato alle pagine del romanzo. Con poche pennellate, ma studiate in ogni minimo dettaglio, l’autore ti conduce per mano nel suo mondo; un mondo fatto di persone comuni, persone semplici. Persone come me, persone come te. Masotti è lì con te, e lo senti, salvo poi sparire quasi per incanto. E tu ti ritrovi lì, orfano del tuo Virgilio, ma ora in compagnia di Bianca, poi di Lucio, poi di Annalisa e Niccolò, poi di Kosta e Morike, poi di nuovo di Bianca e Annalisa. E vorresti non lasciarli mai. Vorresti lavorare anche tu alla Pasticceria Il Capriccio; vorresti essere testimone dell’incontro tra Konstantin e Morike; vorresti tornare indietro di qualche pagina per abbracciare nuovamente il piccolo Lucio, ferito dalla sua prima delusione amorosa. Vorresti tornare a ringraziare il piccolo Lucio perché, se non avesse rubato la valigia a Kostantin nel suo albergo di Salonicco, non avrebbe incontrato e sposato Serena. E se non avesse sposato Serena, non sarebbe nata Annalisa. Se non fosse nata Annalisa, Niccolò sarebbe forse rimasto un ragazzo arrogante e presuntuoso e tu ne avresti perso le tracce. E se non ci fossero stati Annalisa e Niccolò, forse Kosta e Morike non si sarebbero mai rincontrati. Lucio insomma come colui che ha dato inizio ad un giro di giostra che ha coinvolto, a sua insaputa, i destini di altre esistenze. In un certo senso un personaggio chiave a cui va detto grazie. A lui, come a Bianca. Il mio modo per ringraziarlo di aver contribuito a sua insaputa ad aver dato vita a questa storia, è riportare un aneddoto da lui raccontato a Serena durante il loro primo, fortuito incontro. Ma vorrei che leggessi queste parole stavolta mettendo in sottofondo il brano di Fabi.
Ti lascio il tempo di aprire una schermata affianco a questa che hai già aperto. Il tempo di un clic, della ricerca di una canzone, e di nuovo di un clic. Vorrei che ti lasciassi cullare dalla melodia e dalle parole di quel testo, per accogliere al meglio il piccolo, grande insegnamento che Lucio ci ha regalato. Ora che la base è partita, ti ringrazio per avermi prestato attenzione e ti auguro non solo di trarre giovamento dall’estratto che sto per riportarti, ma soprattutto, di godere della lettura di questo bel romanzo.

"[...] un pomeriggio lo sentii raccontare alla mia vicina di casa di un barattolo.
- Un barattolo? Serena sorrise.
- Sì, un barattolo, di quelli dove ci si possono mettere le pesche sciroppate, hai presente? Ecco, la storia è questa: ammettiamo di riempirlo con delle palle da tennis. A quel punto il barattolo sarebbe pieno.
- Ovvio, disse Serena facendo una smorfia.
- E invece no. Prendiamo delle biglie di vetro e rovesciamocele dentro. Le biglie andranno a coprire i vuoti lasciati dalle palle da tennis più grandi. È solo a quel punto che, forse, risulterà pieno.
- Credo di sì disse Serena, che non capiva bene dove volesse arrivare.
- Ma ancora no, poiché possiamo aggiungerci anche un sacchetto di sabbia.
- Arguto.
- E non è finita. Una volta riempito di sabbia c'è ancora un posto, che so, per una tazza di caffè, proprio quello che stai bevendo adesso. Serena staccò la bocca dalla tazzina.
[...]
- E qual è il significato?
- Molto semplice. Le palle da tennis rappresentano i capisaldi della vita, i sentimenti, le cose a cui si vuol dare la priorità, quelle che vengono prima. L'amore, la famiglia, gli amici. Le biglie sono i sogni. Ma se mettessimo prima quelli non si potrebbero aggiungere nel barattolo le palle da tennis, e senza concretezza, solo con i sogni diventa un po' dura.[...] - E la sabbia?
- La sabbia sono le cose che ti accadono tutti i giorni, quotidianità e passioni leggere. Un libro all'ultima pagina, il tramonto, andare al mare la domenica...Siena. [...] Siena in un giorno di pioggia come questo, d'estate. Quando la notte passeggi per la piazza...[...]
- E il caffè?, chiese la donna. Lui l'aspettava al varco.
- Ah già il caffè!, si finse sbadato; poi prese la sua tazzina e l'alzò sorridendo.
- Il caffè significa che per quanto le cose della vita possano essere importanti, amori, famiglia, sogni e quotidianità, per quanto possano occupare il tuo tempo...come vedi si può sempre lasciare un po' di spazio per un caffè con una persona."

A cura di Danilo

lunedì 15 dicembre 2014

Dicembre in libreria!

Siete stanchi delle solite uscite letterarie di vip, vippetti starlette e compagnia danzante? Volete avere un quadro più ampio dei libri che sono usciti o che devono ancora uscire a dicembre? Sappiate che esistono altre realtà: i piccoli-medi editori (riunitisi a Roma per "Più libri più liberi"), che noi lettori spesso “snobbiamo”, magari perché abbiamo dei pregiudizi o perché molto probabilmente siamo troppo abbagliati dalle proposte letterarie delle grandi case editrici.
In questo primo appuntamento mensile vi mostreremo che a volte le piccole perle letterarie escono proprio da queste realtà. 
Girovagando nel web, siamo riusciti a trovare delle uscite letterarie davvero interessanti e veramente “per tutti i gusti”.
Iniziamo dalla prima novità del mese di dicembre e che, a nostro parere, è una vera chicca:
·        L’Almanacco Sellerio 2014-2015

Questa antologia di circa 300 pagine contiene testi inediti o irreperibili di diversi autori, che per la prima volta, non sono collegati per tematiche o per stile, ma appartengono alla stessa casa editrice .
Troviamo autori che hanno fatto la storia della casa editrice come Sciascia o Canfora, ma anche autori contemporanei amati dal pubblico come Camilleri, alcuni hanno anche partecipato a premi letterari prestigiosi come Stassi. Questo volume è già acquistabile presso i siti di e-commerce e presso il sito della Sellerio. Dategli un’occhiata, è un ottimo modo per scoprire magari autori che non pensavate di leggere.







·        I ricordi di Mamette. Vita di campagna. Nob(Tunué)
·        Un elefante nella stanza. Susan Kreller (Il Castoro)

                                     
Il primo è un fumetto di 90 pagine pubblicato dalla Tunué edizioni, scritto e disegnato da Nob, autore di graphic novels e della serie di Mamette, la nonna che tutti vorrebbero avere in famiglia. In questo prequel vediamo Mamette bambina con il suo solito caratterino; la storia è ambientata in campagna (Mamette viene infatti affidata dalla madre ai nonni) durante gli anni ’30: la guerra incombe e Mamette, tra nuove amicizie, mansioni di tutti i giorni e futuri amori dovrà affrontare un periodo difficilissimo. Gli amanti della serie non possono certo lasciarselo sfuggire.

Il secondo è invece un romanzo di 280 pagine, più adatto agli adolescenti, pubblicato dalla casa editrice “Il Castoro”, scritto da Susan Kreller. Il romanzo affronta tematiche molto forti e attuali: il bullismo, le molestie, la violenza e i problemi famigliari. È la storia di Masha, una ragazzina di tredici anni, che per l’ennesima estate va nella casa dei nonni, che si trova in una cittadina in apparenza molto tranquilla. Masha si annoia fino a quando non incontra un giorno due fratelli, Max e Julia, più piccoli di lei. I due fratelli nascondono un segreto, che viene a galla nel momento in cui Masha nota dei lividi sulla pancia di Julia. La ragazzina quindi è decisa ad affrontare il problema e tirare fuori da questa situazione i due fratelli.  A parer mio questo romanzo sembra molto interessante e può essere adatto anche agli adulti.





Per gli amanti del Giappone il 18 dicembre per la Marcos y Marcos nella collana Testo a fronte esce:·        
Tradurre il Genji monogatari- a cura  di Andrea Maurizi(Marcos y Marcos)

In questo libro vari autori spiegano come è avvenuta la traduzione dell’opera giapponese nelle diverse lingue, vengono spiegati i vari problemi, come è stato tradotto ecc… Il libro è stato curato da Andrea Maurizi che nel libro spiega come il Genji monogatari sia stato portato in patria. Gli amanti del genere non possono lasciarsi sfuggire, di certo, l’occasione di acquistare questo libro. Per approfondire, basta andare sul sito della casa editrice.

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  Little Sammy Sneeze. Winson McCay (Castelvecchi)

In realtà si tratta di una ripubblicazione del fumetto di Winson McCay e questa volta esce in versione integrale con un apposito apparato storico-critico. È un pilastro del mondo dei fumetti ed è la storia del piccolo Sammy, di cui tutti temono gli starnuti. La storia sembra molto divertente, il titolo è già acquistabile sui siti di e-commerce.





·        Niente sesso, siamo sposati. Guida pratica per un matrimonio in bianco. Ruth Smythers(Ultra)

Questo libello, dal titolo tipico di un harmony, in realtà fece la sua fortuna nel 1894, anno della prima pubblicazione; scritto da Ruth Smythers, oggi viene ripubblicato dalla casa editrice Ultra e si tratta di una testimonianza dei costumi sessuali in epoca vittoriana in Inghilterra, viene citato in numerosi testi di sociologia, ma un’ipotesi lo reputa un falso inventato da un burlone. Vi è un acceso dibattito, ma tant’è che oggi questo libro c’è e pare sia molto utile e interessante per scoprire elementi “piccanti” dell’era vittoriana.
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   L’ammazzafilm. Stefano Disegni (Gallucci)

Altro fumetto! Scritto e illustrato da Stefano Disegni per la Gallucci. Stefano Disegni è uno dei più famosi e feroci cinesatirici italiani e in questo graphic-novel rivolta come calzini 56 film che hanno fatto la storia del cinema. Sembra molto interessante e ne consiglio la lettura ai cinefili più agguerriti.






·        Solo me ne vo per la città. Enzo Gaiotto(Las Vegas Edizioni)

Altra novità arriva dalla Las Vegas Edizioni. Questa è la storia di un figlio che si ritrova ad assistere la madre, Annina, malata e in fin di vita. È un lungo flashback, che va dalla Prima Guerra Mondiale fino ai giorni nostri, dove assistiamo da spettatori alla vita di Annina intervallata da quella del figlio. Questo libro è in realtà una riedizione riveduta e corretta di “La finestra socchiusa” (Edizioni Il Molo, 2007), terzo classificato al Premio Massarosa. Ugo Riccarelli ha detto di questo romanzo:
Una madre e un figlio. Il racconto di una vita che si dipana tra il peso della materia che costruisce il destino degli esseri umani, tra le parole che Enzo Gaiotto srotola con una scrittura secca e precisa, a volte netta come certi suoi scatti fotografici. Uno scrivere denso di umanità e di quella consapevolezza che ha fatto dire a Jorge Luis Borges: ‘In ogni istante della tua vita qualcuno modifica o cancella una cifra, e tutto ciò serve a un fine che mai comprenderemo .
Mi sembra che questo sia più che sufficiente per suscitare il vostro interesse, se fossi in voi non mi lascerei sfuggire l’occasione.
·        Papà. Dan Pagis(Giuntina)

Giorno 11 uscirà per la casa editrice Giuntina, che si occupa di pubblicare testi ad argomento ebraico, il nuovo libro di Dan Pagis, autore conosciuto in patria per le sue poesie. Questo non è un testo poetico, ma un’opera in prosa, dove l’autore parla del suo rapporto molto forte con il padre, enunciando scene importanti, come le tre visite al cimitero, e altri fatti minori. Questo testo non è altro che la “cronaca familiare” dell’autore, che ha voluto donarci uno squarcio della sua vita.




·        Guida per bibliofili affamati. Barbara Sghiavetta, Maria Gioia Tavoni(Pendragon)
Ultima segnalazione per tutti i bibliofili, amanti dei libri, lettori compulsivi. Questo libro, scritto a quattro mani, edito dalla Pendragon, vi regalerà un itinerario del panorama microeditoriale italiano, che, stando al di fuori del circuito delle grandi case editrici, pubblica libri che si rivelano delle piccole perle, ricche di creatività. In questa sorta di manuale troviamo suddivise le varie testimonianze in base alle aree geografiche e offre anche informazioni turistiche e gastronomiche. Un libro da avere nella vostra  collezione se siete degli amanti dei libri e se volete allontanarvi dalle proposte delle grandi case editrici. Sicuramente un libro da tenere in conto.
Con questo io vi saluto, ci sentiamo il prossimo mese.
Mi raccomando: aprite le vostre menti e non snobbate le piccole-medie case editrici, perché spesso sono loro che tirano fuori testi che ti lasciano un segno indelebile nell’animo, testi molto vari e ognuno di voi può selezionare in base al proprio interesse.





A cura di Sebastiano

venerdì 5 dicembre 2014

News dalla Jo March


Se acquistate dal loro sito entro il 15 Dicembre le spese di spedizione sono GRATIS!

E... per tutti coloro che li andranno a trovare a Più libri più liberi ad attenderli una sorpresa allo 
stand L28 piano terra. Qui l'editore Aguaplano ha in serbo una copia 
omaggio del nostro "Nord e Sud" per coloro che acquisteranno una copia 
del catalogo "C'era una volta la bellezza" del fotografo Hine (al 
prezzo speciale di 20,00 euro). Due capolavori, per un'esperienza 
estetica e letteraria unica.

domenica 17 agosto 2014

"Il cavaliere d'inverno" di Paullina Simons


Chi mi segue da tempo sa che amo i romanzi ambientati durante la seconda guerra mondiale, non ho mai capito il perchè. Masochismo? Forse. Ricerca del seme del male nell'animo umano? Motivazione più che plausibile.
Uniamo la mia passione per i romanzi storici con quella per la Russia, et voilà les jeux son fait!
"Il cavaliere d'inverno" mi è stato caldamente consigliato per anni, ne ho sempre e solo sentito parlare in termini entusiastici e, non appena ho sentito la chiamata mi sono tuffata nella sua lettura.
Estate 1941, Leningrado, nel Quinto Soviet Tatiana e la sua famiglia dividono due stanze e un corridoio in una di quelle che oggi chiameremmo "comune", la vita scorre senza intoppi, si lavora, si passano le serate in famiglia. La famiglia Metanov ha addirittura la fortuna di possedere una dacia sul lago Ilmen.
Tutto cambia quando una Domenica di Giugno la notizia dell'entrata in guerra della Russia arriva via radio.
Tatiana, la più piccola di casa, diciasettenne che ha sempre vissuto come una povera principessa viziata si trova catapultata in un mondo che non credeva esistesse, fatto di egoismo e lotta fino all'ultimo respiro per la sopravvivenza, proprio il primo giorno di guerra mentre aspetta il tram per comprare le provviste  in vista del conflitto incontra Alexander, giovane militare in carriera, tra i due nasce una romantica tenerezza che ben presto sfocierà in un amore travolgente, i due dovranno combattere per salvare il loro rapporto non solo dalla guerra ma anche dalla famiglia di lei, dalla sorella Dasha (promessa sposa di Alexander) e da Dimitri, un soldato amico di Alexander a cui piace prendersi libertà quando non deve.
Lo sfondo della storia d'amore è la bellissima città di Leningrado (l'odierna San Pietroburgo), stretta nell'assedio tedesco e nel gelido inverno.
L'incontro tra Tatiana e Alexander, il loro amore impossibile e la lotta per la sopravvivenza durante il lungo inverno con razioni alimentari sempre più scarse, senza luce ne riscaldamento mi hanno fatta sospirare ad ogni riga, la descrizione della vita di stenti, delle malattie e delle disgrazie che decimano la famiglia Metanov in contrapposizione con l'amore crescente dei due protagonisti è così vivida che sembra di vivere accanto a loro nel minuscolo "appartamento". sentiamo il freddo che penetra nelle ossa, tossiamo con loro, ci sentiamo impotenti ogni volta che la razione viene diminuita.
Purtroppo quando la scena si sposta a Lazarevo il romanzo incontra una caduta di stile e di trama quasi senza fine, la magia del romanzo si blocca e ci troviamo dinnanzi a "cinquanta sfumature di Leningrado", pagine e pagine fitte di minuziose descrizioni di rapporti sessuali e litigate al limite del ridicolo per problemi inesistenti, da parte di Tatiana la cosa è anche comprensibile vista la sua giovane età, ma da Alexander mi aspettavo più maturità. Fortunatamente la vicenda torna a farsi interessante quando ci si sposta nuovamente a Leningrado.
Un romanzo che in partenza meritava le 5 stelle si è dovuto accontentare di 3, una sufficienza stiracchiata ottenuta grazie all'immensa crescita del personaggio di Tatiana.

sabato 21 giugno 2014

"Roderick Duddle" di Michele Mari



Letture che ti catturano, ti ghermiscono e non ti lasciano andare se non dopo la parola FINE. Quanti di noi hanno sperimentato questa bellissima sensazione leggendo un grande classico della letteratura? Mi ricordo quando per le vacanze natalizie durante la prima elementare mi venne assegnata la lettura di una delle avventure di Zorro, avevo imparato a leggere da poco, eppure andare avanti non mi costava fatica, mi fermavo solo per mangiare e espletare le funzioni fisiologiche.
Ebbene, "Roderick Duddle" vi donerà quel piacere che provaste da bambini a bocca spalancata di fronte al susseguirsi di parole e colpi di scena che penne magistrali scrissero per noi, è vero spesso la letteratura di intrattenimento ottocentesca è stata schernita , trattata alla stregua di fotoromanzi di serie b. Ma in quanti sono riusciti a rendere vive ed attuali le vicende di piccoli orfani meglio di Dickens?
La risposta è Michele Mari! Sì, avete letto bene, un italiano e per giunta contemporaneo!
"Roderick Duddle" non ha nulla da invidiare ai grandi romanzi dickensiani, la vicenda è quella di un orfano nato da una prostituta e impiegato come sguattero nella stessa locanda nella quale opera la sua genitrice. Roderick è un ragazzino che non sa di essere fortunato, non ha mai visto nulla se non l'Oca rossa dove vive e lavora, ma una grossa, enorme eredità lo attende non lontano da quelle mura, il bambino è l'ultimo discendente di una ricca famiglia di tradizione centenaria, come nelle migliori storie per riscattare quello che gli spetta dovrà mostrare il medaglione che apparteneva a sua madre.
Vi chiederete, tutto qui? Chiaramente non  filerà tutto liscio, la corsa verso l'oro sarà piena di pericoli, troveremo personaggi che ci ricorderanno sicuramente i protagonisti di romanzi famosissimi quali "I promessi sposi", "Moby Dick" e "L'isola del tesoro".
Il divertimento però non è solo nostro, anche Mari si diverte a lasciare briciole di indizi sparsi per ogni capitoli e a lasciare il lettore sospeso nel punto di maggior pathos.
Un libro divertente, che non fa rimpiangere i classici da cui attinge.
Ora non mi resta altro che recuperare tutta la biobliografia di Michele Mari.

mercoledì 11 giugno 2014

Premio Strega 2014: Ecco la cinquina finalista

Questa sera nella splendida cornice di Casa Bellonci si sono svolte le votazioni che hanno decretato quella che sarà la cinquina finalista di uno dei premi letterari più importanti d'Europa.
In semifinale erano arrivati in dodici, vediamo chi ce l'ha fatta e chi sono stati gli esclusi.
La cinquina è la seguente:



I funerali di Berlinguer e la scoperta del piacere di perdere, il rapimento Moro e il tradimento del padre, il coraggio intellettuale di Parise e il primo amore che muore il giorno di San Valentino, il discorso con cui Bertinotti cancellò il governo Prodi e la resa definitiva al gene della superficialità, la vita quotidiana durante i vent'anni di Berlusconi al potere, una frase di Craxi e un racconto di Carver. Se è vero che ci mettiamo una vita intera a diventare noi stessi, quando guardiamo all'indietro la strada è ben segnalata, una scia di intuizioni, attimi, folgorazioni e sbagli: il filo dei nostri giorni. Francesco Piccolo ha scritto un libro anomalo, che è insieme il romanzo della sinistra italiana e un racconto di formazione individuale e collettiva. Ogni uomo vive almeno una storia d'amore che dura tutta la vita: quella con il proprio tempo e il proprio Paese, il matrimonio (burrascoso) tra la vita privata e la vita pubblica.


«Forse non mi piacciono gli uomini». Il giorno in cui tua moglie, all’improvviso, scoppia a piangere in cucina, è una piccola apocalisse. Uno di quei giorni in cui la tua vita va in frantumi ma giunge, anche, per un attimo, a dire se stessa. E allora Glauco Revelli, chef di un ristorante blasonato, maschio di quaranta anni, padre di una figlia di tre, va alla ricerca della propria verità di uomo. Dall’ingresso nell’età adulta, l’innamoramento, la costruzione di una famiglia, la nascita e l’accudimento di una figlia, fino al disamore della moglie (che gli si nega dal momento del parto) e al ritorno feroce degli insaziabili demoni del sesso, tutto è passato in rassegna dal suo sguardo implacabile e commosso. Con Il padre infedele Antonio Scurati scrive il suo libro più personale, infiammato dal tono accorato della confessione e, al tempo stesso, il romanzo dell’educazione sentimentale di una generazione.


L’ingegner Ivo Brandani è sempre vissuto in tempo di pace. Quando il libro comincia, il 29 maggio 2015, Ivo ha sessantanove anni, è disilluso, arrabbiato, morbosamente attaccato alla vita. Lavora per conto di una multinazionale a un progetto segreto e sconcertante, la ricostruzione in materiali sintetici della barriera corallina del Mar Rosso: quella vera sta morendo per l’inquinamento atmosferico. Nel limbo sognante di un viaggio di ritorno dall’Egitto, si ricompongono a ritroso le varie fasi della sua esistenza di piccolo borghese: la decadenza profonda degli anni Duemila, i soprusi e le ipocrisie di un Paese travolto dal servilismo e dalla burocrazia, il sogno illusorio di un luogo incontaminato e incorruttibile, l’Egeo. E poi, ancora indietro nel tempo, le lotte studentesche degli anni Sessanta, la scoperta dell’amore e del sesso, fino ad arrivare al mondo barbarico del dopoguerra, in cui Brandani ha vissuto gli incubi e le sfide della prima infanzia. Chirurgico e torrenziale, divagante e avvincente,  La vita in tempo di pace  racconta, dal punto di vista di un antieroe lucidissimo, la storia del nostro Paese e le contraddizioni della nostra borghesia: le debolezze, le aspirazioni, gli slanci e le sporcizie, quel che ci illudevamo di essere e quel che alla fine, nostro malgrado, siamo diventati





Samia è una ragazzina di Mogadishu. Ha la corsa nel sangue. Divide i suoi sogni con Ali, che è amico del cuore, confidente, e primo allenatore appassionato. Mentre intorno la Somalia è sempre più preda dell'irrigidimento politico e religioso, mentre le armi parlano sempre più forte la lingua della sopraffazione, Samia guarda lontano, e avverte nelle sue gambe magre e velocissime un destino di riscatto per il paese martoriato e per le donne somale. Gli allenamenti notturni nello stadio deserto e le prime affermazioni la candidano alle Olimpiadi di Pechino dove non vince ma si fa notare. Il suo vero appuntamento sarà quello di Londra. Ma tutto diventa difficile. Corre chiusa dentro il burka, il padre viene ammazzato al mercato di Bankara, la sorella decide di fuggire in Europa, Ali entra nel gruppo dei terroristi. È tempo di andarsene. Allenarsi ad Addis Abeba e farsi candidare per Londra. Purtroppo il comitato olimpico di Mogadishu non fa arrivare i documenti necessari e Samia si riscopre clandestina. Sola, decide per il viaggio, il terribile viaggio dei migranti dall'Etiopia al Sudan, e attraverso il Sahara verso la Libia per poi arrivare via mare in Italia. Sono mesi di umiliazioni, di vessazioni, di pura devastante corporeità. Quando sale sulla barca per Lampedusa, Samia è il sogno di se stessa, e l'acqua azzurra della libertà la inghiotte per sempre.





Lisario Morales è muta a causa di un maldestro intervento chirurgico, ma legge di nascosto Cervantes e scrive lettere alla Madonna. È poco più di una bambina quando le propongono per la prima volta il matrimonio: per sottrarsi a quest'obbligo cade addormentata. Quando non può opporsi alla violenza degli adulti, infatti, Lisario dorme. E addormentata da mesi, come la protagonista della più classica delle fiabe, la riceve in cura Avicente Iguelmano, medico fallito giunto a Napoli per rifarsi una reputazione. Tra mille incertezze, pudori, paure, la terapia, al tempo stesso la più prevedibile come la più illecita, sarà coronata dal successo, e però spalancherà davanti alla mente del dottore, fragile, superstiziosa, supponente - in una parola, seicentesca -, un vero e proprio abisso di fantasmi e di terrori, tutti con una radice comune: il mistero abissale, conturbante, indescrivibile del piacere femminile. Storia di una donna che scopre il piacere, di un pittore che scopre la passione, di una città intera che si ribella ai potenti, Lisario o il piacere infinito delle donne è soprattutto un romanzo di avventure, molto vicino alla maniera in cui si scrivevano nel Seicento, dal Quijote di Cervantes al Gil Blas de Santillana di Lesage, romanzi epici e picareschi con apparenti saggi del tutto folli e conclamati pazzi non scevri di qualche saggezza, in una girandola infuocata di invenzioni, tutte attorcigliate attorno allo stesso interrogativo: ma è del primo Seicento che qui si narra o di noi e di oggi? 


I miei favoriti non ce l'hanno fatta! Solo Pecoraro è riuscito a passare, e lo ha fatto prendendo una valanga di voti nonostante "La vita in tempo di pace" sia il suo romanzo d'esordio. Catozzella riuscirà nel grande slam Strega giovani e Strega "ufficiale"? Concordate con le scelte o il vostro favorito è rimasto fuori? Chi vorreste che vincesse?

sabato 7 giugno 2014

"La meraviglia della vita" di Michael Kumpfmuller


1923 Mar Baltico. Un uomo chiamato "Dottore" cammina sulla spiaggia con la sorella e i nipoti, è malato di tubercolosi e cerca di trovare sollievo e mettere su qualche chilo grazie all'aria salmastra.
Se amate la letteratura classica moderna, probabilmente la data e il problema di salute vi avranno già svelato chi è il protagonista di questo romanzo, se invece questi indizi non vi dicono nulla ecco la soluzione: il "Dottore" altri non è che Franz Kafka.
In questo romanzo conosceremo un Kafka diverso da quello che traspare attraverso i suoi scritti, o da quello che potremmo immaginare. Sono sicura che molti di voi crederanno che fosse un autore di successo come lo è ora, ma in verità lo scrittore praghese ha scritto molto poco e gran parte di quello che ha messo su carta è stato da lui buttato o confiscato dalla Gestapo e poi dato alle fiamme.
Nelle 240 pagine de "La meraviglia della vita" ci troviamo davanti ad una sorta di tragedia in tre atti, il pathos aumenta di riga in riga fino a raggiungere il momento più alto nella tragicità della morte dell'autore praghese prosciugato di tutte le sue forze, scheletrico e senza nemmeno la capacità di deglutire. Un anno costellato più da bassi che da alti, ma che grazie alla storia d'amore nata sulle spiagge del Baltico dona finalmente a Franz il piacere di scoprire quella meraviglia della vita a lui sconosciuta.
La vita a Berlino con Dora Diamant è dura, fa freddo, i problemi economici sono all'ordine del giorno ( 1$ vale un miliardo di marchi! ), Kafka fatica a trovare le forze per scrivere qualcosa di nuovo e quando lo fa non ne è soddisfatto, la salute non migliora l'autore è costretto a tornare a Praga, e a tornare in uno dei sanatori che tanto odia poichè impregnati di morte.
Un romanzo pieno di dolore e amore.

sabato 31 maggio 2014

"Fratelli d'acqua"di Andréa del Fuego



Ci troviamo in Brasile, più esattamente nella Serra Morena, si sta preparando una tempesta e la famiglia Malaquias viene sorpresa dalla forza della natura durante il sonno. Un fulmine attraversa il tetto, si dirama colpendo genitori e bambini, uccidendo i primi. Nico, Antonio e Julìa si ritrovano così orfani. Il primogenito dovrà lavorare per Gerardo il  fazendero proprietario di gran parte della Serra Morena, mentre i due più piccoli verranno spediti in orfanotrofio, dopo qualche anno Julìa verrà adottata da una ricca signora solo per farle da cameriera, mentre le suore proprietarie dell'orfanotrofio scopriranno che il dolce Antonio è nano.
Nico imparerà cos'è la vita mentre i suoi fratelli rimarranno sempre bambini, chi per statura, chi per mentalità.
La trama, la meravigliosa copertina, il fatto che con questo esordio Andréa del Fuego abbia vinto nel 2010 il prestigioso premio Saramago e il mio amore per la lingua portoghese mi hanno spinta ad acquistare questo piccolo gioiello.
Fratelli d'acqua è un libro intriso di quel realismo magico che tanto amiamo negli autori sudamericani,è un romanzo intriso di colori, disincanto, stupore, credenze legate agli spiriti dei defunti
Geraldo la temeva ancora, temeva quella pozzanghera che era la madre luogo dove gli stivali non lasciano orme, forma paludosa che intrappola i movimenti. Geraldina, in un istintivo gesto di separazione, se si fosse avvicinata a Geraldo si sarebbe messa a infastidirlo finchè non fosse saltato via da una pozza materna come una pulce espulsa dalla zampa di un animale
Una piccola saga familiare che tocca tre generazioni che nulla ha da invidiare al maestro Giarcìa Marquez e ai suoi "Cent'anni di solitudine", la scrittura della del Fuego è poderosa come l'acqua che prorompe da una diga, densa e torbida come l'acqua che stagna in una palude e fresca e delicata come acqua di sorgente.
Caldamente consigliato.

venerdì 30 maggio 2014

Premio Campiello 52° edizione. Chi sono i finalisti?

Questa mattina a Padova si è tenuta la "cerimonia d'investitura" dei cinque finalisti al Premio Campiello arrivato alla cinquantaduesima edizione.
Una giuria composta da dieci letterati ha votato pubblicamente i cinque romanzi preferiti tra i 60 in lista per il rush finale, i candidati che hanno ricevuto sei voti sono passati alla fase finale del premio che verrà consegnato il 13 Settembre al teatro "La Fenice" di Venezia.
Ma chi sono i finalisti? Scopriamolo insieme.
Iniziamo con il vincitore della sezione "Opera prima", Stefano Valenti con "La fabbrica del panico" edito da Feltrinelli.


Una valle severa. In mezzo, il lento andare del fiume. Un uomo tira pietre piatte sull’acqua. Il figlio lo trova assorto, febbricitante, dentro quel paesaggio. è lì che ha cominciato a dipingere, per fare di ogni tela un possibile riscatto, e lì è ritornato ora che il male lo consuma. Ma il male è cominciato molto tempo prima, negli anni settanta, quando il padre-pittore ha abbandonato la sua valle ed è sceso in pianura verso una città estranea, dentro una stanza-cubicolo per dormire, dentro un reparto annebbiato dall’amianto. Fuori dai cancelli della fabbrica si lotta per i turni, per il salario, per ritmi più umani, ma nessuno è ancora veramente consapevole di come il corpo dell’operaio sia esposto alla malattia e alla morte. Lì il padre-pittore ha cominciato a morire. Il figlio ha ereditato un panico che lo inchioda al chiuso, in casa, e dai confini non protetti di quell’esilio spia, a ritroso, il tempo della fabbrica, i sogni che bruciano, l’immaginazione che affonda, il corpo subdolamente offeso di chi ha chiamato “lavoro” quell’inferno. Ci vuole l’incontro con Cesare, operaio e sindacalista, per uscire dalla paura e cominciare a ripercorrere la storia del padre-pittore e di tutti i lavoratori morti di tumore ai polmoni. È allora che il ricordo diventa implacabile e cerca colori, amore, un nuovo destino.Dai primi romanzi di Paolo Volponi nessuno è riuscito a “entrare” in fabbrica con la potenza, il nitore, la stupefazione di Stefano Valenti, e quello che sembra un mondo perduto torna come il rimosso infinito della sopraffazione.
Passiamo ora alla cinquina finale:
Il primo ad
entrare in finale è Michele Mari con "Roderick Duddle", edito da Einaudi

Figlio di una prostituta, Roderick cresce tra furfanti e ubriaconi all'Oca Rossa, locanda con annesso bordello. Quando la madre muore il signor Jones, il proprietario, pensa bene di cacciarlo: quello che entrambi ignorano è che nel destino di Roderick c'è un'immensa fortuna, poiché è l'unico erede della nobile famiglia Pemberton. Il ragazzino si ritrova alle calcagna una folla di balordi, mentecatti, loschi uomini di legge e amministratori, assassini, prostitute, suore non proprio convenzionali, ognuno deciso a impadronirsi in un modo o nell'altro di una parte del bottino. E cosi Roderick fugge, per terra e per mare, in un crescendo di imprevisti, omicidi, equivoci e false piste.
Riesce a fare parte della cinquina anche Mauro Corona con "La voce degli uomini freddi", edito da Mondadori

Un paese lontano, sperduto tra le montagne, fatto di anime solitarie appese alle rocce, dove nevica in ogni stagione dell'anno, dove la gente ha la faccia bianca di chi sta sempre al chiuso, e il carattere silenzioso e gelido delle nevicate. Lassù vivono donne e uomini soffiati nella neve, statue di ghiaccio che nessun fuoco potrà mai sciogliere. Si allenano a resistere alla vita sfidando le avversità, il freddo, le difficoltà di coltivare la terra, il pericolo delle valanghe. Ogni sera si riuniscono accanto alle stufe e i vecchi, a voce bassa, cantano ai giovani i fatti che hanno accompagnato le loro giornate. Una storia che non deve essere dimenticata. La storia di un paese dove nevica anche d'estate e gli uomini hanno la pelle fredda...
Il terzo finalista è Giorgio Fontana con "Morte di un uomo felice", edito da Sellerio

Milano, estate 1981: siamo nella fase più tarda, e più feroce, della stagione terroristica in Italia. Non ancora quarantenne, Giacomo Colnaghi a Milano è un magistrato sulla linea del fronte. Coordinando un piccolo gruppo di inquirenti, indaga da tempo sulle attività di una nuova banda armata, responsabile dell’assassinio di un politico democristiano. Il dubbio e l’inquietudine lo accompagnano da sempre. Egli è intensamente cattolico, ma di una religiosità intima e tragica. È di umili origini, ma convinto che la sua riuscita personale sia la prova di vivere in una società aperta. È sposato con figli, ma i rapporti con la famiglia sono distanti e sofferti. Ha due amici carissimi, con i quali incrocia schermaglie polemiche, ama le ore incerte, le periferie, il calcio, gli incontri nelle osterie.
Dall’inquietudine è avvolto anche il ricordo del padre Ernesto, che lo lasciò bambino morendo in un’azione partigiana. Quel padre che la famiglia cattolica conformista non poté mai perdonare per la sua ribellione all’ordine, la cui storia eroica Colnaghi ha sempre inseguito, per sapere, e per trattenere quell’unica persona che ha forse amato davvero, pur senza conoscerla.
L’inchiesta che svolge è complessa e articolata, tra uffici di procura e covi criminali, tra interrogatori e appostamenti, e andrà a buon fine. Ma la sua coscienza aggiunge alla caccia all’uomo una corsa per capire le ragioni profonde, l’origine delle ferite che stanno attraversando il Paese. Si risveglia così il bisogno di immergersi nella condizione degli altri, dall’assassino che gli sta davanti al vecchio ferroviere incontrato al bar, per riconciliare la giustizia che amministra con l’esercizio della compassione. Una corsa e un’immersione pervase da un sentimento dominante di morte. Un lento disvelarsi che segue parallelo il ricordo della vicenda del padre che, come Giacomo Colnaghi, fu dominato dal desiderio di trovare un senso, una verità. Anche a costo della vita.
Il quarto finalista è una donna , Fausta Garavini con "Le vite di Monsù Desiderio", edito da Bompiani

François nasce a Metz nel 1593, in una famiglia popolana. Suo padre muore quando lui è ancora in fasce e sua madre è costretta ad allontanarlo, appena cresce, nella speranza che trovi un mestiere. Lo manda così a Roma, sperando che impari a fare il pittore. Il ragazzo, arrivato a Roma, va a bottega e partecipa alla tumultuosa vita della città: la corruzione lo sfiora più volte, le passioni lo travolgono, frequenta gli ambienti artistici ma anche i bassifondi, scopre il sesso, ma poco a poco inizia a imporsi alla sua sensibilità - come un basso continuo - il senso della caducità, della transitorietà di ogni cosa. Le rovine diventano il suo tema iconografico preferito. Nel 1610, spinto dal desiderio di indipendenza e dalle parole della sua amante-prostituta, si trasferisce a Napoli, dove finalmente i suoi quadri vengono notati e apprezzati. Lì pare anche trovare l'amore: Isabella - che finalmente riesce a dargli un senso di pienezza e di quiete. Ma la pace non dura a lungo, perché il suo destino di nuovo segue il filo dell'imprevisto. L'Italia sembra non destinarlo alla felicità e François decide di lasciare il Paese, scomparendo per sempre nel mistero.
Last but not least l'ultimo finalista è Giorgio Falco con "La gemella H" edito da Einaudi

La storia di tre generazioni della famiglia Hinner, che dalla Germania di Hitler arriva all'Italia dei giorni nostri. A parlare è Hilde, testimone della sua stessa esistenza, ribelle inerte nel mondo progettato dal padre, dai padri. La sua voce, ora laconica ora straripante, narra ottant'anni di vicende private intimamente intrecciate al Novecento, "all'alba dei grandi magazzini", al turismo di massa, all'ossessione del corpo. Fino a innescare un cortocircuito che fa esplodere il nostro presente, denudandolo come mai prima era stato fatto. Se "I Buddenbrock" ripercorreva la decadenza di una famiglia tedesca dell'Ottocento, "La gemella H" non può che registrare il giornaliero "assecondare il flusso di eventi travestiti da soldi" di una famiglia ossessionata dai beni e compromessa con il Male. Decisa a dimenticare, pur di salvarsi.

Avete già letto uno di questi romanzi? Per chi tifate? Fatevi sentire.